Disturbi specifici apprendimento (DSA)


1.       Descrizione di sè (sintetica e in formato anonimo) composizione familiare, quanti figli, età e genere figli, classe frequentata
2.       Le prime avvisaglie: quando e come si sono manifestate le prime difficoltà di suo figlio, come avete reagito, come ha reagito la scuola (asilo, ...)
3.       Quando si è chiesto/ vi siete chiesti se avrebbe potuto essere un DSA
4.       Le emozioni provate!
5.       I segnali: cosa fare?
6.       Tentativi di aiutare suo figlio prima della diagnosi: cosa funzionava, cosa non funzionava?
7.       La scelta di un percorso di valutazione diagnostica: quando è arrivata, come l'avete maturata?
8.       L'esperienza della valutazione - per i genitori, per il figlio
9.       Cosa avete fatto una volta avuta la diagnosi?
10.   Retrospettiva: momenti difficili e scelte funzionali
11.   Da non fare (esperienza personale: se ve la sentite, condividete un vostro errore e come avete poi appreso a gestire meglio la situazione)
12.   Il rapporto con la scuola: come ho aiutato mio figlio?
13.   I software: cosa c'è da sapere (esperienza personale)
14.   Quali ha notato essere aspetti delicati da monitorare nel rapporto con suo figlio e con la sua crescita?
15.   Invito ai genitori che leggono la sua esperienza

Narrazione
Ho 43 anni, lavoro come autista e sono sposato da 17 anni. Mia moglie ha 40 anni e lavora come impiegata. Abbiamo  2 figli, un ragazzo di 12 anni e una bambina di 8 anni.
Nostro figlio maggiore ha un disturbo di dislessia e disgrafia non tanto elevato ma comunque sufficiente a creargli dei problemi nel mondo scolastico.
I primi sospetti li abbiamo avuti già alla scuola materna, quando molto spesso non riusciva a finire i disegni a lui assegnati e le insegnanti continuavano a ripeterci che perdeva un sacco di tempo e si distraeva molto facilmente. Naturalmente era troppo piccolo per sospettare che fosse affetto da DSA e così si attribuiva la sua lentezza ad un fattore caratteriale.
Così è stato fino alla seconda elementare. Poiché il bambino non riusciva  a stare al passo con la dettatura e  i quaderni erano pieni di errori nonostante le continue correzioni ci siamo rivolti ad un primo logopedista che però, senza effettuare alcun test, ci rassicurò sull’assenza di problematiche particolari. Questo parere informale continuò a farci attribuire le cause della lentezza di nostro figlio ad un fattore caratteriale.
 Dal versante scolastico le insegnanti ci consigliavano di spronare nostro figlio con lavoro aggiuntivo di lettura ad alta voce a casa ed esercizi di copiatura. Per due anni l’unico metodo che usammo con nostro figlio fu aumentare il carico di lavoro e una maggiore severità nel pretendere che venisse eseguito.
Dentro di noi però il sospetto che ci fosse qualche problema aumentava, anche perché il bambino sapeva comunque rispondere alle domande di teoria legate alla scrittura ma poi quando scriveva non si rendeva conto degli errori che faceva anche dopo diverse riletture o, peggio ancora, quando doveva correggere riscrivendo per 10 volte la stessa parola spesso faceva ulteriori errori. Anche nella lettura aveva molte difficoltà e spesso “leggeva” le figure piuttosto che il testo.
Durante le vacanze estive della seconda elementare parlando occasionalmente con una insegnate degli errori fatti dal bambino ci è stato detto che probabilmente era dislessico. All’ inizio della terza elementare quindi abbiamo richiesto alle insegnanti di valutare questa possibilità anche perché  non vi era stato alcun miglioramento dal lavoro aggiuntivo effettuato a casa  anche durante le vacanze.
A metà anno scolastico, vista la totale assenza del parere delle insegnanti, siamo andati al Don Gnocchi su suggerimento della pediatra di base per effettuare dei test specifici: il risultato fu che mio figlio ha un problema di DSA.
Per tre anni, oltre alle 8 ore di scuola ne lavorava altre 2, una per terminare il lavoro non eseguito  a scuola e 1 di lavoro aggiuntivo. E’ stato spronato, rimproverato e punito usando metodi che andavano esattamente nella direzione opposta minando seriamente la sua autostima.
La diagnosi, fortunatamente, una volta spiegata a nostro  figlio portò un beneficio immediato: in un attimo portò via tutti i sensi di colpa e il disagio che lui provava, glielo si leggeva anche in volto. Anche le correzioni in rosso che l’insegnate continuava a fare senza tener conto della certificazione consegnatale non lo incupivano più.  Ma il senso di colpa e il disagio era pesantemente ricaduto su di noi e per combatterlo dovevamo capire meglio che cosa fosse questa cosa: la dislessia.
Ci siamo messi a leggere e a cercare con frenesia ogni informazione con la paura che qualcuno ci dicesse che nostro figlio fosse disabile. Dopo 4 mesi di “studio” questa paura svanì  del tutto. Ci eravamo resi conto però che avremmo dovuto affrontare un percorso molto lungo e faticoso per recuperare il tempo perso.
Una delle prime cose è stata fare un secondo test all’UONPIA , una struttura più vicina a noi e con maggiori contatti con la scuola che frequentava mio figlio anche se i tempi di attesa erano intorno ai 12 mesi e noi eravamo abbondantemente in ritardo: eravamo all’inizio della quinta elementare.
La diagnosi fu esattamente la stessa.
Allora  abbiamo iniziato a frequentare gruppi di genitori che avevano gli stessi problemi per confrontarci e imparare ad aiutare nostro figlio a recuperare una metodologia di apprendimento che lo rendesse indipendente negli studi.
La parte difficile è che non esiste un metodo standard, ma un’ampia serie di strumenti e metodi e ognuno deve trovare quelli che meglio si adattano e scartare quelli inutili o addirittura controproducenti. Per fare questo ci vuole parecchio tempo quindi  sarebbe stato meglio avere avuto coscienza del problema intorno alla terza elementare quando iniziavano i primi argomenti da studiare.
Un’altra cosa che abbiamo fatto subito  e che continuiamo a fare è di richiedere uno stretto rapporto di collaborazione con gli insegnati per trovare metodi di studio e programmi che meglio si adattano allo scopo che comunque rimane portare il ragazzo alla totale indipendenza allo svolgimento dei compiti e allo studio e non quella di strappare un 7 al posto di un 6.
Teniamo sempre presente che i bambini che hanno problemi di dislessia hanno normalmente un’intelligenza superiore alla norma, se però non viene supportata da metodi e strumenti adeguati può trasformarsi  in un pensiero di incapacità.
Penso che se a mio figlio non fosse stata diagnosticata non sarebbe cresciuto con l’idea di  essere una persona intelligente con la semplice necessità di un diverso approccio allo studio, ma come una persona non all’altezza dei suoi compiti e con una bassa considerazione di se stesso che avrebbe influenzato anche l’adulto che sarà.
Non posso dire oggi se mio figlio sarà un chirurgo o un operaio, ma posso dire che crescerà avendo stima di se stesso e con la capacità di vedere le cose anche da un altro punto di vista.
Questa narrazione rappresenta il tentativo di offrire ai lettori una finestra sul vissuto di genitori che hanno affrontato con successo la sfida posta da un figlio con difficoltà di apprendimento, in questo caso successivamente diagnosticate come dislessia, ovvero un Disturbo Specifico dell’Apprendimento.
Come è possibile leggere nel menu di questo blog, vi sono diversi ambiti, nell’esperienza delle famiglie,  in cui è utile per un genitore fare riferimento a linee guida psicoeducative, qui suddivisi sinteticamente in aree che includono situazioni condivise da tutti i genitori fino a casistiche più specifiche:  Come seguire mio figlio? Mio figlio fa fatica a scuola? Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)
Il racconto che condividiamo in questo blog mostra il percorso di una famiglia, dal punto di vista di genitori che si sono trovati di fronte ad una difficoltà ed hanno compiuto un cammino complesso, lungo ed efficace grazie alla tenacia, alla cura da loro mostrate, alla lucidità nell’interrogarsi sulle  motivazioni alla base delle difficoltà riscontrate nel figlio attraverso un’osservazione costante.
Questa famiglia ha incontrato sul proprio tragitto una serie di ostacoli sottoforma di informazioni parziali, pareri discordi, suggerimenti a volte approssimativi o disfunzionali. Vivere la difficoltà di un figlio, nell’apprendimento o nelle relazioni, suscita comunemente nei genitori un ampio spettro di emozioni, spesso timori ed ansietà, che rischiano di deviare dalla strada che porterebbe più velocemente ad un piano di gestione della situazione soddisfacente per loro stessi ed i figli. Non tutte le situazioni hanno risorse sufficienti a disposizione per poter mantenere una tale determinazione nel ridefinire di volta in volta i passi del sentiero da seguire. Linee guida ed esperienze altrui possono aiutare le famiglie a rendere tali risorse disponibili, a sapere dove cercare supporto e come procedere un passo davanti all’altro sulla strada giusta.
Ripercorriamo insieme attraverso la narrazione alcuni elementi chiave che ogni genitore può identificare e sui quali può riflettere, traendo informazioni utili rispetto al percorso ottimale che questo blog vuole proporre.

·         i primi sospetti
Nell'ultimo anno di frequenza della scuola dell'infanzia, quando i bambini hanno compiuto 5 anni, è utile che insegnanti formati a questo compito facciano uso di questionari/strumenti osservativi per valutare la maturazione delle competenze cognitive e delle funzioni neuropsicologiche che rappresentano i prerequisiti di lettura, scrittura e calcolo.
·         le insegnanti continuavano a ripeterci che perdeva un sacco di tempo e si distraeva molto facilmente / non riusciva  a stare al passo con la dettatura e  i quaderni erano pieni di errori
Comunemente sono gli insegnanti ad accorgersi che il bambino presenta qualche tipo di difficoltà (es: significativa lentezza nel leggere, frequenti errori in compiti di lettura o scrittura, problematiche nel contare o nell’eseguire operazioni di base, limitata comprensione dei testi, segno grafico irregolare). Gli insegnanti sono agenti primari di osservazione quotidiana dello sviluppo degli apprendimenti in relazione alle modalità di insegnamento proposte, ciò li rende collaboratori essenziali alla rilevazione dettagliata delle difficoltà e successivamente all’implementazione di strategie appropriate. È importante che i docenti segnalino tempestivamente le difficoltà osservate alla famiglia, per consentire l’attivazione di una valutazione accurata.
·         troppo piccolo per sospettare che fosse affetto da DSA
La diagnosi di DSA non viene solitamente fatta prima della conclusione della II classe della scuola primaria per le abilità di lettura e scrittura, e della III per le abilità di calcolo. Tuttavia, a partire dall’ultimo anno della scuola materna è possibile identificare segnali quali problematicità nel riconoscere i suoni iniziali delle parole, nel contare fino a 10, nel giocare con le rime. A fronte di tali segnali, è possibile avviare percorsi di potenziamento che aiuteranno la rilevazione tempestiva di un eventuale DSA in età più avanzata.
·         suggerimento della pediatra di base
Di fronte ad una difficoltà riscontrata nell’area degli apprendimenti, è opportuno consultare il pediatra per chiedere guida e supporto nell’individuazione del giusto percorso di valutazione. Il pediatra potrà suggerire le seguenti azioni mirate ad acquisire dati aggiornati utili al fine di comprendere il profilo dello studente:
1.         Valutazione pediatrica mirata per possibili disturbi somatici significativi che possano influenzare l’adattamento e apprendimento scolastico (anemia, diabete, grave asma, gravi anomalie della condotta alimentare, …).
2.         Visita oculistica per l’esame dell’acuità visiva e/o di eventuali disturbi della coordinazione binoculare.
3.         Visita otorinolaringoiatrica (ORL) per esame dell’udito, per il rilievo di eventuale ipertrofia adenotonsillare associata a stato infettivo cronico o disturbo respiratorio con conseguente disturbo del sonno, otiti medie croniche.
·         non tanto elevato
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento, categoria che comprende la dislessia, possono essere più o meno gravi, ovvero possono presentare un grado variabile compromissione della specifica abilità in oggetto. Tale informazione può essere ricavata a seguito della somministrazione allo studente di specifici test a cura di neuropsichiatri, psicologi e logopedisti. Al fine di portare avanti una valutazione ci si può rivolgere alla ASL di appartenenza (Servizio di Neuropsichiatria Infantile o Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile o di Neuropsicologia UONPIA), oppure a specialisti che svolgono privatamente la libera professione.
·         tempi di attesa
Il percorso diagnostico prevede step successivi da svolgersi in un arco di tempo predefinito. Solitamente, il servizio pubblico (UONPIA)  ha liste d’attesa molto lunghe. È pertanto consigliato non esitare nel prendere un appuntamento, una volta stabilita l’importanza di una valutazione nel contesto famigliare e con gli insegnanti a scuola. La tempestività nella valutazione consentirà l’applicazione di strategie adeguate in tempi più brevi, a vantaggio della possibilità per lo studente di sentirsi nuovamente competente e soddisfatto.
·         test specifici
Vi sono un numero di test specialistici che contribuiscono al processo diagnostico, e conducono a delineare un profilo ai fini della valutazione; tra questi, sono previsti comunemente:
1.         Somministrazione di almeno un test psicometrico (WPPSI, WISC R, WAIS R; Scala Stanford Binet, Culture Free Cattell test)
2.         Valutazione delle abilità di lettura e scrittura: - per la lettura ( ad es.  MT prove di lettura, Cornoldi C, Colpo G (21); Batteria per la valutazione della dislessia e della disortografia , Sartori G, Job R, Tressoldi E (88); - per la scrittura (ad es. Batteria per la valutazione della scrittura e delle competenze ortografiche, Tressoldi PE, Cornoldi C, (109);  - per la matematica (ad es. Prove oggettive di matematica per la scuola elementare, Soresi S, Corcione D, Gruppo Emmepiù (94); Test ABCA Valutazione delle abilità di calcolo aritmetico)
3.         Valutazione di varie funzioni neuropsicologiche con batterie specifiche, da utilizzare in modo mirato a seconda del caso: si può decidere di valutare ad esempio le competenze percettive visuo-spaziali, le abilità di memoria: - capacità di attenzione - abilità motorie  - dominanza laterale - competenze linguistiche per l’analisi delle abilità di comprensione, produzione, sintassi e semantica e pragmatica.
La valutazione psicodiagnostica prevede la contestualizzazione dei sintomi riportati nella storia dello sviluppo dell’individuo, pertanto sono previsti un numero limitato di colloqui che aiutino a definirne l’organizzazione emotivo-relazionale, con l’aiuto dei familiari.
·         La diagnosi, fortunatamente, una volta spiegata a nostro figlio portò un beneficio immediato: in un attimo portò via tutti i sensi di colpa e il disagio che lui provava
Spesso una diagnosi aiuta molto nel ridurre l’ansia che una difficoltà di apprendimento crea nelle persone coinvolte. In primo luogo, il bambino o il ragazzo avrà la possibilità di rispondere ad un pesante interrogativo, quello del perché non riesca a fare bene (come gli altri) in quella materia. La diagnosi è la ‘fotografia’ di un momento specifico nello sviluppo di un individuo e necessita di aggiornamenti periodici. Essa costituisce un punto di partenza per avviare un piano di azione adeguato ed efficace.
Una volta ottenuto un profilo diagnostico, è importante garantire una comunicazione ed una spiegazione adeguata ai famigliari, agli insegnanti ed allo studente stesso, in modo che essa rappresenti uno strumento operativo e di miglioramento della qualità della vita, piuttosto che un foglio poco comprensibile che riporta un’etichetta. I genitori sono invitati a richiedere questo passaggio agli specialisti in fase di restituzione, qualora non venisse offerto.

·         intelligenza
Gli studenti con un DSA hanno spesso un QI (WISC) dal punteggio elevato. Sono invece presenti solitamente considerevoli discrepanze nei punteggi conseguiti in subtest (esercizi, prove) differenti. Capita spesso che alcuni genitori si sentano molto rassicurati da questo risultato (‘mio figlio non ha un ritardo cognitivo’, ‘è intelligente’, spesso ‘è molto intelligente’), il che rappresenta di per sé un fattore estremamente positivo. Può anche accadere che tale responso, se non adeguatamente spiegato nel contesto di una diagnosi di DSA, sia accolto confusamente e rinforzi l’idea che un figlio intelligente dovrebbe dunque solo applicarsi (impegnarsi) di più.
Per ovviare a tale confusione e conseguente attribuzione inesatta, è importante documentarsi sulle origini dei DSA e sul concetto di intelligenza. Si rimanda a tale proposito, ad esempio, al lavoro di Howard Gardner sulle intelligenze multiple e di Carol Dweck sulle Teorie dell’intelligenza. È importante avere informazioni aggiornate e scientificamente valide su cosa si intende per intelligenza e su quali strumenti e approcci la potenziano.
·         e così si attribuiva la sua lentezza ad un fattore caratteriale
·         primo logopedista che però, senza effettuare alcun test, ci rassicurò sull’assenza di problematiche particolari. Questo parere informale continuò a farci attribuire le cause della lentezza di nostro figlio ad un fattore caratteriale.
I processi di attribuzione sono un meccanismo della mente che ci spinge ricercare le cause di ciò che accade attorno a noi, compiendo attribuzioni di causalità. L’attribuzione causale è dunque il processo che gli individui mettono in atto quando cercano spiegazioni per il proprio comportamento e per quello altrui.
·         Come mai mio figlio/ mia figlia fa fatica a leggere o compie molti errori di ortografia?
·         Perché non riesce a memorizzare le tabelline nonostante molto allenamento?
·         Per quale ragione ieri sapeva fare gli esercizi correttamente, ed oggi è come se ricominciasse daccapo?
·         Come mai ogni volta che c’è da affrontare un compito di lettura chiede di andare in bagno o mette la testa sul banco, oppure mostra aggressività?
·         es. tratto dalla narrazione: Come mai il bambino sapeva comunque rispondere alle domande di teoria legate alla scrittura, ma poi quando scriveva non si rendeva conto degli errori che faceva ?
Sono solo alcuni esempi di domande che un gran numero di genitori si pone quotidianamente di fronte all’osservazione, ripetuta nel tempo, di comportamenti che deviano dalle aspettative di un apprendimento cosiddetto ‘nella norma’, vale a dire così come ce lo si sarebbe aspettato, o così come vedo che avviene per gli altri bambini, o ancora così come è accaduto a me. Premesso che i tempi di sviluppo sono variabili per ognuno e che fattori ambientali contribuiscono a definire i tempi di apprendimento, incidendo ad esempio sulla sfera emotiva, è comunque lecito ed importante porsi domande di questo tipo ed andare in cerca di risposte che aiutino a comprendere come agire.
Le attribuzioni più comuni di fronte ad uno studente in difficoltà negli apprendimenti sono quelle di ‘pigrizia, svogliatezza, disinteresse, carattere’, ma spesso si fanno strada pensieri maggiormente temuti come l’ipotesi di un ‘problema, ritardo, scarsa intelligenza, incapacità’. È necessario inoltre sapere che le attribuzioni che facciamo influiscono sul comportamento dei bambini e dei ragazzi, rinforzando (aumentando la probabilità che si ripresentino) determinati comportamenti e non altri. Anche gli studenti hanno interrogativi circa la propria difficoltà e selezionano risposte possibili dagli adulti significativi. Di conseguenza, è fondamentale porsi domande nel momento in cui ci portano a scegliere di consultare persone con le competenze adeguate per dare una risposta specialistica.
·         lavoro aggiuntivo / aumentare il carico di lavoro / spronare nostro figlio con di lettura ad alta voce a casa ed esercizi di copiatura / maggiore severità nel pretendere che venisse eseguito
La rilevazione di una difficoltà di apprendimento in un bambino/ragazzo attiva tutta una serie di risposte nelle persone incaricate della sua educazione, volte a trovare una soluzione. Spesso, questo comporta la proposta da parte degli insegnanti di esercitazioni aggiuntive per lo studente. Tale scelta deve avvenire considerando chiaramente gli obiettivi che si vogliono raggiungere di volta in volta. Ad esempio, in una fase osservativa gli esercizi supplementari saranno mirati a potenziare le abilità in cui si riscontra difficoltà, per valutare possibilità di miglioramento. La decisione di assegnare lavoro aggiuntivo dovrà dunque avvenire in un contesto ben definito da genitori ed insegnanti in collaborazione verso un obiettivo chiaro e condiviso, e proseguire per un arco di tempo predefinito utilizzando metodi adeguati, prevedendo la data di un incontro di aggiornamento sul raggiungimento o meno degli obiettivi.
Rispondere all’individuazione di una difficoltà richiede un agire condiviso e strategico, affinchè concetti come carico, aggiunta e spronare non diventino unicamente fonte di ulteriore frustrazione e grande fatica per lo studente, senza inserirsi in un piano d’azione che gli consenta di dare senso e significato ai propri sforzi.
Ciò ha in ultima analisi l’effetto di semplificare, chiarire e massimizzare l’efficacia degli interventi, riducendo confusione, frustrazione e possibili cause di conflitto.
·         E’ stato spronato, rimproverato e punito usando metodi che andavano esattamente nella direzione opposta minando seriamente la sua autostima.
·         Ma il senso di colpa e il disagio era pesantemente ricaduto su di noi e per combatterlo dovevamo capire meglio che cosa fosse questa cosa: la dislessia.
Una difficoltà di apprendimento può rappresentare un’esperienza faticosa per lo studente poiché lo espone ad emozioni negative come senso di frustrazione, fallimento, insoddisfazione, soprattutto paura. Il bambino proverà a difendersi da tali vissuti secondo modalità che apprenderà dall’ambiente circostante e consoliderà sulla base dei rinforzi offerti dalle persone per lui significative (genitori, insegnanti, pari, …).
·         pensiero di incapacità / l’idea di  essere
Come si legge nel paragrafo relativo alle attribuzioni causali, lo studente attiverà dei processi di tentata risposta agli interrogativi emotivamente carichi generati dalle difficoltà di apprendimento, tra cui vale la pena ricordare timori importanti quali ‘non sarò accettato, deluderò, non sarò degno di amore e attenzione, cosa farò nel futuro’. I bambini ed i ragazzi, in modi diversi nelle differenti fasi di sviluppo, sono alla ricerca di risposte alla domanda ‘chi sono’, ed è fondamentale non generare un ‘pensiero di incapacità’, anche definito impotenza appresa.
A fronte dei risvolti emotivi di una difficoltà di apprendimento, è importante aiutare lo studente a comprendere l’esperienza che sta vivendo, fornendo soprattutto occasioni per fare esperienze di soddisfazione e percepirsi competente (auto-efficacia). Una buona stima di sé sarà l’alleato primario di vostro figlio nel gestire questo ed altri aspetti complessi della crescita.

·         metodologia di apprendimento che lo rendesse indipendente
·         non esiste un metodo standard, ma un’ampia serie di strumenti e metodi e ognuno deve trovare quelli che meglio si adattano
Il termine ‘metodo’è una parola chiave nel lavoro con i DSA e con le difficoltà di apprendimento. Vi sono molte risorse cui poter fare riferimento, si possono trovare online (es. sito AID) o in libreria (es. Aleph, MM1 Lima, Milano), o possono essere consigliati da specialisti che la famiglia deciderà di consultare.
Come si legge nella narrazione, il metodo deve avere due importanti caratteristiche: essere personalizzato e mirare a rendere lo studente più autonomo. Affinchè uno studente diventi autonomo, è fondamentale che si passi attraverso una fase di insegnamento ed allenamento guidato, mediato, delle tecniche più adatte, applicate in modo continuativo a casa e negli eventuali interventi di specialisti. Il fine ultimo è quello di guidare lo studente nella costruzione di un ‘toolkit’, una ‘cassetta degli attrezzi’ contenente tutti gli strumenti dimostratisi utili nell’esperienza di potenziamento. Ciò può includere strumenti compensativi concordati, mappe concettuali, registratori e software, … Lo studente andrà coinvolto nella costruzione di tale strumento, nella scelta ragionata degli ‘attrezzi’ e nella selezione di modalità di farne buon uso a scuola.
·         frequentare gruppi di genitori […] per confrontarci e imparare ad aiutare nostro figlio
·         leggere e cercare /percorso / per fare questo ci vuole parecchio tempo
La fatica e la paura sono avvertite anche dagli adulti, famigliari ed insegnanti, e bisogna fare attenzione a limitarne l’impatto sulle scelte educative di ogni giorno. Questo non è un percorso facile o spontaneo. Il blog GPSGenitori nasce anche per questo: per mettere in comunicazione i genitori, metterli in rete tra loro e con le risorse presenti per aiutarli laddove un genitore non può arrivare da solo. (link)
·         richiedere uno stretto rapporto di collaborazione con gli insegnanti
Alleanza educativa è senz’altro la parola chiave in questo contesto. Creare un buon flusso comunicativo, costante e pianificato, rispettoso delle reciproche necessità di famiglia e scuola, è il terreno fondamentale senza il quale lo studente non percepirà appieno un supporto costante e continuativo, una possibilità di sentirsi più competente e, in ultima analisi, di stare meglio.
·         lo scopo che comunque rimane portare il ragazzo alla totale indipendenza allo svolgimento dei compiti e allo studio e non quella di strappare un 7 al posto di un 6.
·         Non posso dire oggi se mio figlio sarà un chirurgo o un operaio, ma posso dire che crescerà avendo stima di se stesso e con la capacità di vedere le cose anche da un altro punto di vista.
Essere genitori di un figlio con DSA, o affrontare l’esperienza, transitoria o meno, delle difficoltà di apprendimento di un figlio rappresenta una sfida ed un’opportunità. Alla luce di quanto si legge nella narrazione condivisa su questo blog, il tema degli obiettivi rimane centrale ed attraversa l’esperienza di tutte le figure coinvolte.
Un genitore ha sogni, desideri, aspettative per i propri figli: esperienze come questa chiamano alla ridefinizione di idee ed all’esplorazione di punti di vista nuovi. Ripensare gli obiettivi non significa sempre necessariamente semplificarli, significa più esattamente farsi esploratori di nuovi ed inaspettati modi di immaginare e promuovere la crescita di un figlio, mettendosi nella posizione di ricevere il positivo che ne verrà.


1 commento:

  1. Ho trovato un articolo molto approfondito: "Il bambino con Disturbo specifico di apprendimento a Scuola, la diagnosi e la certificazione: i fattori che favoriscono la Logica dell’integrazione" spero sia utile! http://goo.gl/mu1nJR

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